Faville.
“Anelano spazi di cielo
le faville di un rogo
che colora di tramonto la notte
ma ridiventano inesorabilmente buio.
Lucciole morte di una vita senza tempo
e noi
faville di un immenso
dove la vita non ha soluzione
cerchiamo il nostro spazio
nel fugace attimo di luce.”
Maestro Fumista Zuin Maurizio
STUDENTI A SCUOLA TRA STUFE E CAMINI, INAUGURATO LABORATORIO TECNICO IN ACCORDO CON CONFARTIGIANATO
Venezia, 30 novembre 2014
Grazie all’iniziativa dei fumisti di Confartigianato Marca Trevigian è stato inaugurato un nuovo laboratorio tecnico con impianti a biomassa completate da impianti fumari di ultima generazione all’Ipsia Giorgi-Fermi di via Terraglio per favorire la conoscenza agli studenti del corso di termoidraulica di queste specifiche tipologie impiantistiche che, negli ultimi anni, hanno registrato un incremento della loro installazione negli edifici civili.
Su un campione di 10mila utenze registrate in provincia di Treviso infatti è stata rilevata la netta prevalenza, il 68%, di installazione di impianti innovativi quali caminetti, stufe di nuova concezione, specialmente a pellet, rispetto al parco apparecchi installato nel resto d’Italia (circa il 35%). In particolare il 33% degli interventi eseguiti ha visto la posa di stufe innovative, il 30% di caminetti di tipo chiuso, il 15% di caminetti aperti, il 10% stufe tradizionali , il 6% di stufe realizzate in maiolica e la tradizionale cucina economica per il rimanente 6%. La destinazione d’uso prevalente degli impianti è quella del riscaldamento.
Il laboratorio sarà a disposizione degli imprenditori del settore per le attività di aggiornamento tecnico – formativo e diventerà il punto di riferimento per i circa 600 operatori veneti del settore, di cui 160 trevigiani.
Fonti:
tribunatreviso.gelocal.it
GLI SPAZZACAMINI DI CONFARTIGIANATO OGGI DA ZAIA PER I SALUTI DI NATALE. IL PRESIDENTE STROFINA I LORO BOTTONI COME BUON AUGURIO
Venezia, 20 dicembre 2011
Strofinare il bottone della divisa di uno spazzacamino porta bene. E il presidente del Veneto Luca Zaia non ha mancato di seguire questa antica tradizione, ricevendo stamani a Palazzo Balbi il gruppo regionale fumini – spazzacamini di Confartigianato Imprese Veneto, capitanato dal presidente regionale di mestiere, il trevigiano Luciano Rossi e composto dai sei presidenti provinciali Diego Fent (BL), Ivan Zuin (TV) Dino Sahman (VI), Marco Chirardini (RO) Alessandro Masiero (VE) e Nadia Pozzato (PD), tutti abbigliati con la divisa tradizionale: cilindro nero in testa, fazzoletto al collo giallo (è il colore internazionale degli spazzacamini italiani) e vestito nero adornato da grandi bottoni d’oro. Il gruppo era accompagnato dal direttore regionale di Confartigianato, Patrizio Morettin. Della strofinata scaramantica hanno approfittato anche altri assessori regionali, in testa quello alle politiche della mobilità Renato Chisso. Ma gli spazzacamini non si sono limitati a farsi strofinare i bottoni: come portafortuna ne hanno voluto regale uno al presidente Luca Zaia, da utilizzare nei momenti opportuni. “Il nostro Gruppo, il primo a nascere in Italia sotto l’egida di Confartigianato – ha ricordato Luciano Rossi – conta oggi un centinaio di membri tra fumisti e spazzacamini. Quello dello spazzacamino è un mestiere antico, riconosciuto già nella Serenissima dal 1665. Proprio per richiamare le tradizioni legate alla stufa ed alla figura del fumista/spazzacamino, entrambe rivalutati in questi ultimi anni, siamo venuti ad augurare Buon Natale e felice anno nuovo al presidente della Regione del Veneto Luca Zaia e, per suo tramite, a tutta la cittadinanza”, con l’aggiunta di un po’ di Fortuna al presidente e al veneto in questa fase storica non facile. Il mestiere dello spazzacamino sembrava destinato a scomparire, ma i sistemi di riscaldamento sono in controtendenza e i veneti –ha proseguito Rossi – hanno e apprezzato la qualità del fuoco che si può “vedere e percepire”. Con il ritorno di moderni e innovativi sistemi “tradizionali” di riscaldamento sono tornati anche i fumisti e gli spazzacamini, una realtà importante, ben rappresentata dalla fiera Progetto Fuoco, che si svolge a Veronafiere, “il cui successo nel corso degli anni documenta lo sviluppo straordinario di questo settore”.
Fonti:
www.regione.veneto.it
Maurice Garin – era italiano il vincitore del primo Tour de France
Maurice Garin – Arvier, 3 marzo 1871 – Lens, 18 febbraio 1957
Nasceva 139 anni fa Maurice Garin. Deve la sua notorietà per essere stato il primo vincitore del Tour de France nel 1903. Era italiano di nascita, ma optò però per la nazionalità francese e con il tricolore transalpino conquistò molte delle sue vittorie.
Maurice Garin nasce ad Arvier, splendido paesino adagiato fra il Gran Paradiso e la Dora Baltea, il 3 marzo 1871, quarto di nove figli. La nera miseria che attanaglia gli strati più bassi della popolazione fa sì che il tredicenne Maurice viene “venduto” ad uno spazzacamino d’Oltralpe per una forma di formaggio: inizia la dura vita dell’emigrante, a fare il “ramoneur”, ovvero a spazzare i camini della Savoia.Poi, a quindici anni, va a Reims, nelle Ardenne, ancora più lontano dalle incantate montagne valdostane fra le quali era nato e cresciuto.
Quindi un’esperienza in Belgio e il trasferimento definitivo a Maubeuge, pochi chilometri da Calais, dove lo raggiunge la sua famiglia rimasta orfana del padre. Lui e i fratelli Ambroise (1875) e Claude-César (1879) iniziano a correre in bicicletta, uno sport che proprio in quegli anni conosceva i suoi primi, duri e a volte drammatici inizi, per cercare di fuggire da una vita davvero grama e avara di soddisfazioni.
Fu naturalizzato francese però solo a 30 anni e mezzo, il 21 dicembre 1901. Gareggiò quindi come cittadino italiano per due terzi della sua carriera, regalando alla nostra nazione il primo podio della Roubaix, il 19 aprile 1896: Garin finì terzo dietro al tedesco Josef Fischer e al danese Charles Meyer. La sua prima vittoria arrivò nel 1895, con la Guingamp-Morlaix-Guingamp, mentre l’anno successivo è la volta della Parigi-Mons, competizione franco-belga che all’epoca rivestiva una certa importanza. Piccolo particolare: il ciclismo, a cavallo fra i due secoli, non era ancora organizzato in squadre, dunque le corse si svolgevano sempre secondo l’implacabile e selvaggia regola, tipica anche di certe azioni belliche, dell’”omnia contra omnes”, ovvero tutti contro tutti. Inizia il 1897 trionfando nella Parigi-Cabourg, ma è il 18 aprile che compie il primo capolavoro della sua carriera, aggiudicandosi la Parigi-Roubaix alla quale era giunto terzo nella precedente, nonchè prima, edizione.
Una corsa che ancora oggi mette i brividi e che all’epoca si snodava su 280 km di sassi, pavè e fango, con biciclette che pesavano almeno 12/16 kg caratterizzate da un solo freno (almeno così dice la leggenda).
Ripete l’impresa nel 1898, mentre nel 1900 si deve accontentare del terzo posto. In quel ciclismo dai connotati epici Garin, grazie al suo straordinario e minuto fisico, colse straordinarie vittorie nelle corse di lunga durata, contraddistinguendosi per avere una resistenza fuori dal comune: conferma di ciò è la sua vittoria nella Parigi-Brest-Parigi, una corsa che si snoda lungo 1200 chilometri, coperti dallo Spazzacamino in 52h11′01”, infliggendo distacchi di oltre due ore agli avversari.
Ottenuta la cittadinanza transalpina, questo ragazzo dall’aspetto ottocentesco, ma con un’incredibile forza che gli avrebbe permesso di essere competitivo anche vent’anni dopo, non smette certo di vincere. Fa sua la Parigi-Bordeaux del 1902, una competizione che si articola mediamente su “soli” 550 km. Lui, 162 cm per 63 kg, si dimostra capace di lottare per la vittoria anche in quella che poi diventerà la corsa a tappe simbolo di uno sport, sogno di tutti i bambini: il Tour de France, frutto della geniale intuizione di Henri Desgrange che ne sarà lo storico patron per lunghi anni. Siamo nel 1903, è la prima edizione della Grande Boucle che propone sei tappe di circa 400 km cadauna ad un intervallo medio di tre giorni fra una frazione e l’altra: Garin mette le cose in chiaro sin dal primo traguardo di Lione, dove si impone con un minuto scarso su Pagie ma quasi 35′ su Georget, terzo classificato. Nelle tre tappe successive si difende senza problemi, per tornare a scatenarsi nelle giornate conclusive. Infatti, il ragazzo valdostano si impone in uno sprint ristretto a Nantes e due giorni dopo fa suo per distacco anche il finale di Parigi. Maurice Garin conquista il primo Tour della storia avendo coperto i 2428 km in 94h33′14”, alla media di 26.450 km/h: il secondo classificato, Lucien Pothier, è a tre ore di distacco.
Nel 1904 si prepara a vincere anche la seconda edizione della grande corsa, che assume però dei contorni drammatici. Nella tappa che porta il plotone verso Saint-Etienne c’è un attacco di Alfred Faure, un corridore locale. Approfittando del buio della notte, un gruppo di facinorosi attacca a suon di bastonate, pugni, calci e lanci di sassi il gruppo all’inseguimento: il Diavolo Rosso Giovanni Gerbi si ritrova le dita di una mano spezzate, lo stesso Garin si rompe un braccio ma nonostante ciò prosegue la sua avventura. La frazione viene chiaramente annullata, ma anche nei giorni successivi si ripetono questo genere di incidenti. È bene ricordare che “Tour de France” in quegli anni rappresentava una splendida vetrina per far venire a galla conflitti politici e mai sopite rivalità fra paesi e città, oltre ai primi, sporadici interessi economici legati alle marche di biciclette.
Nonostante questa sorta di “attentati“, lo Spazzacamino arriva a Parigi in maglia gialla aggiudicandosi così il suo secondo Tour de France grazie all’aiuto dell’amico-rivale Pothier e del fratello César.
Lo strascico giudiziario che segue quest’edizione così drammatica rivoluziona però la classifica: a novembre, gli atleti classificati dal primo al quarto posto vengono squalificati per aver preso il treno nel tentativo di aumentare il vantaggio sui rivali, una vicenda mai del tutto chiarita. Squalificato per due anni, riprese poi a correre e a 40 anni chiuse decimo la durissima Parigi-Brest-Parigi.
Con una vita sentimentale abbastanza traballante (si sposa per ben quattro volte), dopo il ritiro dalle corse “le Petit Ramoneur” tira avanti con una serie di attività imprenditoriali come un piccolo spaccio di bottiglie e biciclette, per poi trovare più stabilità gestendo una pompa di benzina a Lens fino al 1944, anno in cui il suo luogo di lavoro viene seppellito dalle bombe alleate. Muore il 18 febbraio 1957 sempre in questa località della Francia settentrionale dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita: Orio Vergani lo saluta con un epitaffio sul Corriere d’Informazione in cui lo definisce “primo soldato della Grande Armée della bicicletta”.
Termina così la parabola di quello che può essere definito un pioniere della bicicletta, primissimo vincitore italiano di corse di grande livello. È opportuno ricordarlo non solo per i suoi trionfi dal sapore eroico, ma anche per una celeberrima frase pronunciata a Bordeaux nel corso del Tour 1904, che racconta meglio di molte altre parole l’incredibile situazione del ciclismo ai suoi albori: “se non sarò assassinato di notte lungo la strada, vincerò anche questo Tour”!
Fonti:
Beppe Conti, Ciclismo storie segrete, EcoSport, 2003.
Davide Cassani e Danilo Viganò, Nuovo almanacco del ciclismo 2005, Gianni Marchesini editore, 2005.